Gli avvenimenti di quest’ultimo capitolo, che si estendono al secolo XX, appartengono alla cronaca di Tre Ronchetti, piccola comunità rimessa autoritativamente nella metropoli lombarda, tenue fuscello su acque impetuose nella tempesta di due guerre mondiali e nel piano pastorale dell’arcidiocesi ambrosiana riavviata al suo splendore in un periodo, che potrà chiamarsi dei presuli santi, il Card. Ferrari e il Card. Schuster, ovvero dei Sommi Pontefici, Pio XI, Paolo VI e Giovanni Paolo II.La trasformazione di Tre Ronchetti da comunità agricola a comunità industriale, quale Milano la voleva, fu molto lenta per la mancanza di comunicazioni rapide con la città e, soprattutto, di preparazione professionale dei suoi abitanti. Questo processo, tuttavia, fu avviato, dapprima con crepe poco vistose per il numero insignificante di coloro che lasciarono la terra per l’industria e aderirono a movimenti organizzati per ottenere la giustizia sociale, ispirati ai principi della lotta di classe contrastanti grossolanamente con l’insegnamento cristiano e con le istituzioni civili, poi con spaccature sempre più profonde con la crescita degli operai e la loro adesione a tali associazioni.I parroci si trovarono di conseguenza a mediare tra uno Stato a conduzione economica liberista e le nuove forze sociali emergenti, in una condizione certamente difficile, dovendo scegliere i propri «ufficiali», divenuti nell’Italia unita «fabbriceri» della chiesa, nei fittavoli, come più preparati ed istruiti, additati dalla propaganda socialista come sfruttatori e cause della miseria della popolazione. Essi, tuttavia, cercarono di mettersi come sempre al servizio di tutti, insistendo nella loro attività spirituale, curando la casa di Dio, aprendo la canonica a incontri di conciliazione e mettendosi alla testa dei fedeli per ottenere miglioramenti delle abitazioni e dei servizi comuni.
Si cominciò, infatti ad attuare il primo impianto di illuminazione pubblica a petrolio, installando, a spese del comune di Milano, due lampade nei punti principali dell’abitato e fissando pure uno stipendio mensile per l’incaricato della accensione delle lampade all’imbrunire d’ogni giorno e del loro spegnimento alla mezzanotte, o «accendi lampade» – il primo fu Marinoni Davide: il parroco D. Bartolomeo Silva annotò con soddisfazione e ironia per un suggerimento di non inaugurare l’illuminazione il venerdì, giorno infausto: «Vennero le due lampade messe in opera il giorno 28 gennaio 1876 e accese la sera del 29 seguente giorno». Questo primo miglioramento fu ancora appoggiato da D. Silva, che ottenne, nel 1877, un aumento dello stanziamento comunale per l’illuminazione, portato da L. 200 annuali e continuato dai suoi successori, D. Cesare Canonica alla cui capacità, dopo le di missioni del secondo accendi lampade, Angelo Busca, fu affidata, nel 1882, la manutenzione delle lampade, e D. Giuseppe Crespi, al quale fu inviato, il 14 giugno «Orario della illuminazione pubblica per la Città di Milano», che per Tre Ronchetti, periferia, doveva essere spenta ogni sera alla mezzanotte quando nei quartieri cittadini durava sino al mattino, e comminava la pena pecuniaria di una lira per ogni lampada trovata spenta. Un secondo miglioramento riguardò il cimitero ronchettese, compreso anche dopo l’apertura del Cimitero Maggiore a Musocco, nel 1895, tra i cimiteri cittadini, per il quale si stanziarono somme per l’ampliamento, abbellimenti, agibilità e stipendio per un custode fossore. La chiesa fu riparata, una prima volta dopo il passaggio al comune di Milano, nel 1893, con uno stanziamento straordinario della municipalità di L. 400, richiesto dai fabbriceri Busca Angelo, Griffini Ambrogio e Casati Angelo in quanto: «il tetto specialmente deve essere subito riparato perché essendo il legname affatto impotente a sostenere tanto peso, ad un inverno cattivo e nevicoso potrebbe apportare seri danni». L’anno dopo, 1894, a spese dei fedeli, si munì l’edificio sacro di parafulmine e si riparò il campanile con il suo orologio con un’uscita di L. 424, pagate, il 12 maggio 1896, alla Ditta Greppi «..L. 212 a lavori compiuti e l’altra metà nel decorso di 2 anni». Altri due sussidi, uno di L. 100, nel 1898, «per una scala di ferro per l’accesso al campanile» e l’altro di L. 400, allo scadere del 1899, «per riparare l’orologio pubblico, coprire il piano superiore del campanile della chiesa con lamine di zinco e rendere potabile l’acqua del pozzo della casa parrocchiale», furono concessi ancora dal comune di Milano, per delibera della Giunta Municipale il primo e del Regio Commissario il secondo. Lo scadere del secolo XIX fu particolarmente pesante e sanguinoso a Milano, dove le rivendicazioni sociali erano duramente represse dal governo regio con la violenza delle armi, violenza suscitatrice di odi profondi e di nuovi adepti al giovane e combattuto Partito Socialista e di alcuni ad associazioni anarchiche estremiste. Le tre giornate 7,8, 9 maggio 1898, di Milano con una strage non ancora calcolata di inermi cittadini sotto il fuoco della III Armata alle dipendenze del generale Bava Beccaris, rappresentarono il culmine della repressione e imposero l’ordine del terrore nel capoluogo, dove furono imprigionati i portavoce della protesta dei lavoratori indifesi, mal pagati e nel bisogno, e diedero inizio al Calvario del Card. Ferrari, oppresso dagli estremismi sociali, poi dal modernismo eretico e non e, infine, dal primo conflitto mondiale. L’assassinio di Umberto I, il 29 luglio 1900, decretato dagli anarchici d’America per i fatti di Milano, apriva il secolo XX. Quasi al termine della «grande guerra» occorsero altre necessità di riparazioni al tetto della chiesa e «stabili annessi» per un preventivo di L. 20.000, al quale il Comune di Milano contribuì per la metà della spesa. Il ventennio fascista, sostenuto dai grossi industriali e dagli agrari, impose l’ordine totalitario e, quindi, aprì maggiormente la crepa tra i pochissimi possidenti da una parte e i numerosissimi salariati dall’altra, medicando le imposizioni con un esasperato nazionalismo e con la conciliazione religiosa. Con il Parco delle Rimembranze si entrava nella stagione delle guerre fasciste, Etiopia, Spagna, Albania e secondo conflitto mondiale. Tre Ronchetti continuò ad accumulare vittime tra i suoi abitanti, divenne una delle mete obbligate della borsa nera degli affamati milanesi e, nello stesso tempo, rifugio per molti sfollati per scampare ai bombardamenti e, soprattutto, dopo l’infausto 1943, nascondiglio, tra le sue boscaglie, di partigiani. Terminata la seconda guerra, nel 1945, si ebbe un sussulto di speranza di risurrezione civile ed economica, nella libertà, di Tre Ronchetti e, per questa speranza, si costituì, il 6 dicembre 1946, una Consulta Popolare. Gli anni della guerra avevano esasperato i risentimenti interni, avevano richiamate memorie di soprusi e di ingiustizie, avevano rinsaldato la divisione degli animi e avevano fatto confluire i salariati nei partiti di estrema sinistra, per cui la Consulta Popolare risultò formata in maggioranza dagli aderenti a quei partiti marxisti, negatori dei principi cristiani e allora apertamente anticlericali. Questa situazione incresciosa isolò il parroco, D. Emilio Besati e i pochi fedelissimi cattolici, fatti segno a una denigrazione spietata, culminata nella contestazione del merito di aver fatto giungere, nel 1950, anche a Tre Ronchetti la linea automobilistica comunale in un ritaglio di giornale, forse del 1950, o poco dopo, conservato nelle carte del parroco Besati, racchiudenti pure i suoi sfoghi addolorati, si denuncia lo slittamento di un anno, dovuto alla opposizione inconsulta di un impiegato comunale, come l’ottenimento l’anno dopo si contesta dovuto all’intervento del parroco: Il degrado ecclesiale di Tre Ronchetti si accompagnò con il degrado agricolo: il governo democratico aveva impostato la rinascita economica soprattutto come rinascita industriale, penalizzando gravemente l’agricoltura. L’immissione poi di macchine e tecniche moderne nella coltivazione aveva reso inutile tanta mano d’opera, che però continuava ad abitare nei vecchi caseggiati, sui quali i padroni imposero affitti minimi, ma non ricavando guadagno sufficiente, lasciarono totalmente deperire e non apportarono le innovazioni imposte dal progresso civile. Questo stato di enorme disagio, non alleviato dalle autorità se non a parole, spese solitamente in occasioni delle elezioni, esasperò ancor più i numerosi ronchettesi, obbligati a cercare altrove lavoro ed a tornare a casa in ambienti ristretti e malsani. Furono raccolti, nel 1974, le cause del degrado locale, lo sdegno e il malore della popolazione in un quaderno del territorio milanese dal titolo Qualche storia di verde agricolo, da cui significativo per tutti è questo sfogo di una ronchettese: «Noi in famiglia siamo in sette: uno solo che lavora… E la casa, son due locali, senza servizi, senza acqua, senza niente, qui c’è niente quando piove devo spostare tutti i lettiâ poi c’è una frattura ogni tanto loro dicono, il padrone di casa, dicono così che è proprio indecente, che devono mandar via, ma… se non mi danno le case, non si può mica neanche andare, come si fa? Io ho fatto le domande proprio una casa da buttare all’aria, mettergli una bomba e farla saltare sì, sì, proprio! è marcia! perché fuori c’è una frattura proprio nel muro che è larga un venti centimetri, fuori guardando verso la stalla¦ del muro proprio! Io ci ho contro il guardaroba, non si vede si vede da fuori ». I parroci di Tre Ronchetti compresero da queste situazioni disumane che per ricuperare l’unità ecclesiale dovevano non pesare assolutamente sui fedeli, alla fondazione loro contribuenti ed ora ridotti alla povertà e alcuni alla miseria, e dovevano con un lavoro personale extraparrocchiale completare quanto mancava alla congrua per il sostentamento proprio, della domestica e dei più bisognosi. Non bisognava fare questioni di partiti, ma di principi cristiani e di realizzazioni concrete. Su questi presupposti, il parroco successo al Besati, nel 1954, D. Luigi Basilico, continuò l’insegnamento della Religione nelle scuole superiori statali, da cui ricavare il necessario per vivere, s’interessò per avere l’aiuto delle suore di Maria Bambina per l’istruzione catechista e l’assistenza oratoriana, costruì con enormi sacrifici, nel 1959, un salone per raccogliere i ragazzi e i giovani per conferenze, ricreazioni e proiezioni di pellicole educative, convinse un medico, dopo avere adattato un locale parrocchiale ad ambulatorio, a venire ogni giorno ai Tre Ronchetti per visitare e curare in loco gli ammalati, riuscì ad ottenere, nel 1957, dopo molte insistenze l’allacciamento telefonico, messo poi sempre a disposizione dei parrocchiani, ai quali aveva dato un certo riscaldamento nella chiesa, resa più accogliente, nel 1954, dalla riparazione dell’organo, dalla ripulitura nel 1955-56 degli affreschi delle storie di S. Pietro e dai lavori, ormai cronici nel 1963 e nel 1967 per il tetto e per il campanile, e, soprattutto, spalancò la sua casa, perché i fedeli ritrovassero il perduto affetto verso il loro prete. Dal 1965 in poi i piani, per i quali il comune dei Corpi Santi e, di conseguenza, Tre Ronchetti erano stati incorporati a Milano, trovarono la loro realizzazione con la compera dei terreni di Ronchetto Medio o Ronchettino e di alcuni altri di Gratosoglio da parte del Comune e con la costruzione, mediante prefabbricati, di un quartiere dormitorio per migliaia di persone, affittato in prevalenza ai numerosi immigrati in cerca di lavoro. Questo fatto sconvolse la fisionomia parrocchiale di Tre Ronchetti, impossibilitato a dare assistenza spirituale sufficiente anche per la ristrettezza della chiesa e per la mancanza di strutture convenienti. Il parroco, tuttavia, si rese disponibile ai nuovi venuti, che affollavano la canonica, chiedendo consigli, raccomandazioni e sussidi, e stipavano l’oratorio e la piazza in cerca, questa volta, di Dio. Crescendo il lavoro e l’impossibilità di attendervi, D. Basilico si rivolse alle autorità diocesane, le quali, per mancanza di clero, ottennero che sacerdoti oblati di Bergamo si assumessero l’assistenza di questi, sempre in crescita, abitanti, preparandoli a formare una parrocchia propria. Il parroco, a sua volta, ospitò fraternamente i tre preti bergamaschi nella sua canonica e coinvolse sua madre in questa missione tanto necessaria. Il loro superiore, D. Sandro Panza, trovò dopo quasi un mese di ospitalità un appartamento idoneo nel nuovo quartiere e fece costruire sul terreno assegnato dal Comune per le opere religiose, una cappella. Essa, nel 1976 fu sostituita dalla attuale parrocchiale, dedicata a Santa Maria, Madre della Chiesa, il nuovo titolo riconosciuto alla Madonna dal Concilio Vaticano II. Il gennaio 1967, con solenne documento, fu eretta la parrocchia, filiata da Tre Ronchetti e primo preposto parroco fu nominato il già ricordato D. Sandro Panza. Questo frutto ubertoso staccatosi da Tre Ronchetti fu anche la conferma più autorevole dell’ormai prossimo mutamento completo del carattere lavorativo, dell’abitato e delle stesse chiesa e canonica dell’antica parrocchia voluta da San Carlo e prosperata sino quasi alla fine del secolo XIX. Il lavoro degli abitanti fu quasi totalmente rivolto all’industria, l’abitato cominciò un lento rifacimento e aumentò di qualche costruzione moderna di piccoli condomini, la strada per la quale si erano inoltrate tante richieste venne ampliata e rifatta, il cimitero fu tolto e i resti esumati furono trasportati in quello di Chiaravalle. Il parroco D. Luigi Bandera, rinnovò la chiesa secondo le norme conciliari, rivolgendo l’altare maggiore verso il popolo, togliendo le balaustre per ampliare lo spazio della navata e costruendo una nuova sacrestia. La casa parrocchiale fu trasformata e divisa in due appartamenti, uno per ospitare un altro sacerdote, dotati di riscaldamento a nafta, esteso anche alla attigua chiesa. La cronaca degli ultimi cent’anni di Tre Ronchetti mostra chiaramente, pur nella sua brevità, la trasformazione ancora in atto delle attività della popolazione, dell’abitato e delle strutture ecclesiali, denuncia l’avvenuto degrado civile e religioso e chiude nella speranza, perché i fondamenti posti da San Carlo e da quei primi fedeli e sviluppati mirabilmente nei secoli successivi non possono essere andati distrutti, rimangono come semi bramosi del calore della Fede e dello scioglimento delle nevi di ideologie sbagliate per produrre l’antica fioritura, una volta attesa dal battito delle ore della parrocchia e dal gracidare delle rane nei fossi, ora dai più silenziosi congegni elettronici, ma sempre a servizio del tempo, pellegrino verso l’Eterno. |