Capitolo 1: Un’antica Comunità ecclesiale

Le origini della comunità cristiana dei Tre Ronchetti, appena fuori le mura di Milano, si confondono nelle vicende di S. Ambrogio, quando il Santo, secondo le notizie del diacono Paolino, suo segretario e biografo, vagò per la periferia milanese per sfuggire alla avvenuta elezione episcopale, cercando vanamente di raggiungere Ticinum o Pavia, e passò quasi sicuramente attraverso i ronchetti o campi strappati alla boscaglia, in autunno ed inverno solitamente nascosti da fitte nebbie, per ritrovarsi in quel fine novembre 374 ancora alla porta Romana della metropoli lombarda.

Quei primi abitanti usavano il battistero, così ben descritto da S. Ambrogio, e trovavano gli altri benefici della Fede nella basilica vetus, dedicata poi al famoso diacono romano Lorenzo, situata nella zona ticinese e divenuta, nonostante la lontananza, la loro parrocchia: qualcuno provò forse anche l’emozione di formare quadrato attorno all’eroico arcivescovo, difensore della divinità di Cristo, contro gli ariani, assediato nell’aprile 384 in questa chiesa antica dalle milizie imperiali, e forse partecipò all’esecuzione degli inni sacri composti dal pastore buono per resistere più serenamente alla violenza.

Allo splendore del governo pastorale di S. Ambrogio successero tempi sempre più calamitosi e tristi per Milano nel vortice delle invasioni barbariche: nel 452, la città, abbandonata dagli abitanti, fu occupata e devastata dagli Unni di Attila, il flagello di Dio, e nel 539, espugnata e distrutta dalle milizie “di Uraia, cugino del re Vitige (ostrogoto)..Gli uomini vennero spietatamente massacrati, le donne trascinate da Borgognoni come schiave nelle fredde valli della Savoia, la città rasa al suolo.. Come Milano abbia potuto risorgere dalle sue rovine e contribuire persino a ricostruire le dissestate finanze dell’impero, sarebbe un inspiegabile mistero, se dovessimo tenere conto soltanto degli storici classici, come il Verri, il quale sostiene che <<dopo la distruzione di Uraia per cinque secoli rimase annientata Milano, senza mai poter alzare la fronte da terra >>. Storici moderni come il Visconti e il Bosisio, attribuiscono alla volontà dei Milanesi se la loro città non seguì l’agghiacciante destino per esempio di Aquileia.. E non soltanto per ricostruire le loro case, ma anche le loro bellissime chiese, dove la vita cristiana rifiorì e si consolidò”.

La popolazione dei Ronchetti, pur in questi dolorosi frangenti, ebbe un aumento numerico per l’arrivo forzato dei cittadini in fuga, terrorizzati dai barbari. I nuovi venuti, alcuni almeno, quelli che poi rimasero stabilmente, potenziarono la prima comunità ecclesiale, rendendola sempre meno dipendente dalla parrocchiale di S. Lorenzo.
A Ronchetto inferiore o semplicemente Ronchetto, infatti, fu costruito l’oratorio di S. Pietro e a Ronchetto superiore o Ronchettone quello di S. Materno, i quali furono fatti officiare, nei mesi non invernali, da sacerdoti stipendiati dai locali o vicini.
Il documento più antico dell’esistenza della chiesa di S. Pietro di Ronchetto è il Liber Sanctorum, scritto da Goffredo da Bussero all’inizio del 1300, quando oramai, dopo la formazione del Sacro Romano Impero, prima franco e poi germanico, erano terminate le invasioni barbariche e Milano aveva conquistato gradatamente l’autonomia e il predominio in Lombardia, sotto la guida dei Torriani e poi dei Visconti.
Questi ultimi divennero anche proprietari di molto terreno, subito fuori delle mura cittadine, in quel Ronchetto medio o Ronchettino, chiamato poi visconteo, che, unito ai ronchetti inferiore e superiore, formò i Tre Ronchetti.

Il consolidamento della sicurezza, la ricostruzione delle mura di Milano dopo l’ultima distruzione, nel 1162, questa volta ad opera degli alleati italiani del Barbarossa, l’aumento della popolazione, l’espansione dei commerci e il bisogno di religiosità permisero anche a questi luoghi confinanti con la grande città di prosperare e di veder sorgere case, fondachi e asili di ritiro spirituale.

Confinante con i Tre Ronchetti, in località Gratosoglio, fu costruito appunto tra il 1226 e il 1253, dai monaci vallombrosani, dipendenti da Firenze, il monastero di S. Barnaba, passato poi il 31 maggio 1600, ai Terziari di S. Francesco della penitenza. Queste località periferiche fuori delle mura furono chiamate dei Corpi Santi, perchè custodienti nell’antichità romana i sepolcri pagani, costruiti, secondo le leggi, lontano dall’abitato, e poi quelli cristiani, in particolare dei martiri e dei campioni della nuova religione, Corpi Santi, sui quali si innalzarono le insigni basiliche di Milano.

Alla chiesa di S. Barnaba di Gratosoglio ricorsero per loro sollievo spirituale gli abitanti dei Tre Ronchetti e alcuni conclusero con i monaci accordi economici di terreni e di prodotti agricoli, sempre più importanti, prove del graduale maggior benessere della zona.
S. Pietro di Ronchetto, infatti, ebbe il suo sacerdote, stipendiato a sessanta lire imperiali all’anno, per un periodo di sei mesi, dall’inizio di Quaresima a S. Michele, alla fine di settembre. Fu costruita pure, accanto all’oratorio, una casetta per alloggiare il cappellano, il quale aveva anche l’obbligo di trascrivere su apposito registro i battesimi e i matrimoni. Legati, paramenti e suppellettili sacre arricchirono gradatamente la Casa del Signore: oramai la comunità dei Tre Ronchetti era pronta a divenire parrocchia autonoma.